L’Unione Europea dichiara guerra al greenwashing

L’Unione Europea dichiara guerra al greenwashing

Secondo un sondaggio realizzato da OpenText, per l’81% degli intervistati è importante acquistare prodotti di origine e/o produzione etica. E secondo un recente studio “Gen Z Shoppers Demand Sustainable Retail”, la grande maggioranza degli acquirenti giovanissimi preferisce acquistare marchi attenti all’ambiente, ed è disposta a spendere fino al 10% in più per prodotti sostenibili.

 

L’Unione europea ha preso nota della tendenza etica e commerciale degli ultimi anni e così ha approvato, lo scorso 28 novembre, la direttiva “Corporate Sustainability Reporting” (CSRD), una misura per cui le grandi aziende dovranno pubblicare i dati sul loro impatto ambientale e sociale. 

 

La direttiva, proposta già dal 2021 e che verrà messa in atto a partire dal 2025, ha l’obiettivo di porre sullo stesso piano le informazioni sulla sostenibilità e quelle finanziarie e di contrastare il cosiddetto  “greenwashing”, ovvero tutte quelle strategie di comunicazione o marketing perseguite dalle aziende per presentarsi come ecosostenibili. Attraverso l’introduzione di criteri comuni, le aziende avranno l’obbligo di rendicontare la loro sostenibilità rendendo i dati riguardanti le loro attività pubblici, trasparenti ed accessibili. Secondo la stessa Ue, ciò aiuterebbe “gli investitori, le organizzazioni della società civile, i consumatori, i responsabili politici e gli altri stakeholder a valutare le prestazioni non finanziarie delle grandi imprese, incoraggiandole a sviluppare un approccio responsabile al business”.

 

Dal prossimo anno le grandi aziende multinazionali con più di 500 dipendenti saranno obbligate a raccogliere dati sul loro impatto ambientale, sul rispetto dei diritti umani e degli standard sociali e sull’etica del lavoro, che poi verranno revisionati da enti di certificazione indipendenti. Ma non solo: dal 2025 la normativa interesserà anche le imprese extra-UE che operano nell’Unione realizzando un fatturato superiore a 150 milioni di euro all’anno, per un totale di oltre 50 mila aziende.

In questo modo, l’Unione europea vuole porsi come modello per gli standard di rendicontazione della sostenibilità a livello globale e portare a una riflessione internazionale su mercato ed eticità.



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